Il fattore psicoemotivo nell’apprendimento di una LS negli studenti con DSA

 

Tengo 11 años y tengo dificultades en la escuela: no tengo buena letra, tengo faltas de ortografía, mi lectura es lenta y a veces no comprendo bien lo que leo; “las mates” tampoco me dan bien; me cuesta resolver problemas y en cálculo tardo mucho, me agobio cuando veo tantas cuentas en el examen. […] Mis maestros saben que tengo “el diagnóstico”, pero me siguen penalizando. […] Me encanta ver documentales y me gusta mucho dibujar y trabajar con las manos y hacer cosas; me aburro si no hago algo y si estoy sentado delante de un libro. Eso no se valora, solo leer, escribir y memorizar. Necesito que me enseñen como yo puedo aprender, usando mis capacidades y no mis carencias.

TRAD: Ho 11 anni e ho alcune difficoltà a scuola: non ho una buona calligrafia, faccio errori di ortografia, la mia lettura è lenta e a volte non capisco bene quello che leggo; neanche con la matematica vado bene; mi costa fatica risolvere problemi e ci metto tanto a fare i calcoli, mi prende il panico quando vedo tanti conti nei compiti in classe […] I miei maestri sanno che ho “la certificazione”, ma continuano a penalizzarmi. […] Amo vedere documentari e mi piace molto disegnare e lavorare e fare cose con le mani; mi annoio se non faccio niente e se sto davanti a un libro. Questo non si valorizza, solo leggere, scrivere e memorizzare. Ho bisogno che mi insegnino nel modo in cui io posso apprendere, usando le mie capacità e non le mie carenze.

 

Queste sono le parole di un bambino spagnolo di 11 anni e rendono conto del forte disagio a livello psicoemotivo che un ragazzo con dislessia affronta quotidianamente in ambiente scolastico. Questo disagio poi nel contesto della classe di lingua straniera si lega anche alla fisiologica ansia linguistica che entra in gioco ogni volta che un apprendente deve usare la L2.

Nel processo di apprendimento di una L2 gli attori principali sono due: la lingua che si vuole apprendere e il soggetto che la vuole o deve imparare. Per quanto riguarda il soggetto apprendente, ci sono due gruppi di fattori che influiscono, ovvero fattori interni (carattere, età, personalità) e fattori esterni (ambiente, input linguistico). Ultimamente si vede l’insegnamento linguistico secondo una prospettiva umanistica che pone il focus sullo studente-persona, ovvero sul soggetto in cui, durante l’apprendimento, entrano in gioco diverse componenti, per esempio, dimensione cognitiva, emotiva o motivazionale. È risaputo che il sistema emotivo e quello cognitivo collaborano all’attività della memoria di lavoro; quindi, il docente di lingua dovrà sostenere lo studente nei processi cognitivi avendo delle attenzioni metacognitive (far utilizzare diversi processi cognitivi per uno stesso argomento o sviluppare nello studente la consapevolezza di quello che sta facendo) e metaemotive (per esempio, farsi dire come affrontano emotivamente un compito o cosa li stressa in particolare della valutazione). Il docente è un facilitatore dell’apprendimento linguistico che, grazie a lui, deve essere significativo, ossia più duraturo nella memoria degli alunni. 

I disturbi dell’apprendimento si manifestano apertamente solo nella fase di scolarizzazione e proprio dalla primaria il bambino comincia a sentirsi diverso rispetto agli altri. Se non vengono introdotte le necessarie misure di supporto, le difficoltà del bambino, tanto a livello scolastico come a livello sociale ed emotivo, possono peggiorare. Esperienze negative e frustrazione reiterati possono influenzare lo sviluppo della personalità e dell'identità del bambino, portando verso una bassa autostima, stati depressivi e stati d’ansia, oltre a fragilità motivazionale data dal mancato adeguamento sul piano metodologico. È importante sottolineare che l’ansia, la depressione o la bassa autostima siano una conseguenza e non una causa dei disturbi dell’apprendimento.

In molti studi sulla didattica inclusiva, viene sottolineato come la componente psicologica sia un aspetto importante nella vita scolastica di un ragazzo con dislessia, in quanto può far modificare l’atteggiamento dello studente nei confronti delle materie studiate. Per quanto riguarda l’apprendimento delle LS, a un iniziale atteggiamento di curiosità e interesse (spesso lo studente con DSA pensa che iniziare lo studio di una nuova lingua possa essere un’occasione di riscatto) si contrappone una successiva e progressiva demotivazione causata dell’insuccesso, qualora l’alunno non sia stato inserito in un ambiente di apprendimento adeguato. Secondo la teoria della valutazione emotiva dell’input di Schumann, lo studente valuta l’input dell’insegnante secondo dei criteri che sono: novità, piacevolezza, pertinenza rispetto ai propri bisogni, realizzabilità e sicurezza psicosociale. Quando la valutazione non coincide con quella che è la realtà dei fatti si creano delle discrepanze che possono portare l’alunno con dislessia a provare frustrazione nei confronti della materia. Il professore può ovviare a queste situazioni spiacevoli concordando con gli alunni un patto formativo chiaro e condiviso. Nell’apprendimento delle lingue straniere non è strano che lo studente, con dislessia o senza, avverta una certa ansia linguistica di fronte ai compiti e alle situazioni di apprendimento comuni. Questa ansia linguistica emerge in compiti linguistici come leggere a voce alta, ripetere qualcosa di imparato a memoria, improvvisare dialoghi etc. La differenza fra alunni con e senza DSA sta nel fatto che gli alunni con DSA mantengono alti i livelli di ansia linguistica nel corso di tutte le attività glottodidattiche.  

L’importanza del fattore psicoemotivo è sottolineata anche dal fatto che fra le mete glottodidattiche individuate da Daloiso in “La dislessia evolutiva: un quadro linguistico, psicolinguistico e glottodidattico”, la meta affettiva è fra le più importanti. È compito dei professori, infatti, creare un ambiente di apprendimento sereno e rilassato, dove lo studente possa apprendere senza ansie e aumentare così la propria autostima.  Il professore deve sensibilizzarsi sull’argomento per poter includere dei cambi nella programmazione glottodidattica e nelle metodologie di lavoro in classe, pensando agli alunni con DSA non come a un carico di lavoro in più, ma come a un potenziale, un’occasione per poter vedere l’apprendimento da un altro punto di vista.  

 


  

Bibliografia 

 

  • Carrillo Expósito M. L., (2015), Aprender de la dislexia para enseñar español. Introducción a la dislexia para afrontar la enseñanza de LE, in «Actas del XII Encuentro Práctico de ELE del Instituto Cervantes de Nápoles». https://cvc.cervantes.es/ensenanza/biblioteca_ele/publicaciones_centros/PDF/napoles_2015/10_carrillo.pdf
  • Daloiso M., (2009), La dislessia evolutiva: un quadro linguistico, psicolinguistico e glottodidattico, in «Studi di Glottodidattica», n.° 3, pp. 25-43.
  • Daloiso M., (2012), Lingue straniere e dislessia evolutiva: teoria e metodologia per una glottodidattica accessibile, De Agostini scuola SpA. 
  • De Marco A., (2000), Manuale di glottodidattica, Carocci Editore.
  • Díaz-Almeida, A. (2016), ELE inclusivo: estrategias para la atención pedagógica de la dislexia en "a, de, u, ele, te, o, ese", in Actas de las VIII y IX Jornadas Didácticas del Instituto Cervantes de Mánchester. https://cvc.cervantes.es/ensenanza/biblioteca_ele/publicaciones_centros/PDF/manchester_2015-2016/05_diaz.pdf
  •  Melero Rodríguez C. A., Caon F., Brichese A. (2018), Educazione linguistica accessibile e inclusiva: promuovere apprendimento linguistico efficace per studenti stranieri e studenti con DSA, in «EL.LE, Educazione Linguistica. Language Education», vol. 7, n.° 3, pp. 341-365. 

 

 


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